Il podcast secondo Crognali: “Nuovo cinema per le orecchie”

Il podcast secondo Crognali: “Nuovo cinema per le orecchie”

Parte integrante, dal 2004, della scena giornalistica italiana e non solo, Damiano Crognali è tra le altre cose un reporter e un podcaster. Dal 2018 è corrispondente dal Golfo per l’Agenzia Giornalistica Italiana, ruolo che lo ha portato a vivere in Kuwait e seguire accadimenti in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Iran.

È domenica mattina quando ci propone la videochiamata per l’intervista, e il primo pensiero è un comprensibilissimo “Ma di domenica? È socialmente accettabile?”. In qualche parte del mondo, sì. E quando vivi a Kuwait da un po’, circondato da persone con una settimana organizzata diversamente, inizi ad abituarti a uno spazio-tempo diverso, come un supereroe che scavalca il limite tra dimensioni per divertimento.

Una domenica prima di pranzo, quindi io, Vera Lazzaro, studentessa di Lingue per l’impresa all’Università Cattolica di Milano, nelle vesti di #valory reporter, ho parlato con Damiano di podcast (soggetto del suo ultimo libro nonché fenomeno in continua crescita  a livello globale) e della situazione lavorativa italiana, soprattutto in ambito giornalistico.

  1. Il podcast può sostituire il giornalismo (cartaceo e/o digitale) in un mondo in corsa?

Il podcast porta dei vantaggi indiscutibili, dal punto di vista del giornalismo. Prima di tutto, puoi essere da solo ad operare, o in un team di due persone, e il processo è più veloce, permette di competere con le radio, con i grandi media. Non è da sottovalutare la possibilità di invadere meno la privacy delle persone, un argomento molto sensibile, a cui prestare attenzione, soprattutto nei tempi che viviamo. Un ulteriore vantaggio è il poter utilizzare il podcast anche in mobilità: d’altronde è a tutti gli effetti “cinema per le orecchie”. Viviamo nell’epoca del multitasking e, pur non apprezzando troppo questo aspetto del vissuto quotidiano, ammetto che il podcast è il mezzo di comunicazione giusto per questo periodo storico. 

  1. Quali differenze sostanziali di funzionamento ci sono tra YouTube e i vari sistemi di diffusione di podcast? Quale sistema avrà più successo in futuro, sulla base dei dati odierni?

YouTube, per quanto riguarda i podcast, è una piattaforma di diffusione come un’altra. YouTube tratta soprattutto video, funziona “male” per i podcast, ma utilizzando il giusto titolo non è improbabile ottenere qualche click perché c’è una community attiva molto grande. Lo strumento migliore, ad oggi, per un podcaster italiano è Spotify. Il capo attuale della sezione Spotify Sud-Est Europa è Federica Tremolada, che qualche anno fa era a capo di YouTube e ha sottolineato spesso l’importanza di crearsi una fanbase. Spotify ha un vantaggio competitivo enorme, poi, perché sta investendo grandi cifre e ha creato un ecosistema particolare che porta il 60% del traffico audio odierno proprio su questa piattaforma. Ad oggi, poi, Spotify non rende esternamente visibili le persone che decidono di seguire un creatore, il che è un vantaggio: come su YouTube, per crescere rapidamente è meglio non mostrare la fanbase finché non diventa grande abbastanza da essere una sorta di “riprova sociale”.

  1. Cos’è più effettivo per raccontare un viaggio? Il video perché mostra, o il podcast perché stimola la fantasia e la voglia di avventura?

Premessa: i due pubblici sono completamente differenti. Chi guarda video di viaggi vuole vedere determinati posti, mentre per quanto mi riguarda credo che l’audio sia più simile a uno strumento di scoperta. Uno dei miei podcast racconta l’emergenza COVID-19 in Medio Oriente, ma non si limita a questo, e descrive anche i luoghi. Parallelamente, su YouTube, racconto il Medio Oriente, ma anche posti più vicini, come l’Abruzzo. I pubblici, ripeto, sono completamente diversi. Se ne sono resi conto anche Netflix e HBO: Netflix si occupa principalmente di video, ma crea podcast per intercettare il pubblico, più piccolo e settoriale, che preferisce l’ascolto alla visione; HBO fa podcast rivisitando le serie televisive in un linguaggio più adatto all’ascolto.

  1. C’è una tendenza, oggi, a temere l’ambito professionale in seguito ad anni in cui ci è stato detto che senza essere raccomandati non si andrà da nessuna parte. Lo scenario, ad occhio esterno, è effettivamente scoraggiante. Vista dall’interno, soprattutto dal punto di vista giornalistico, com’è la situazione?

Molto triste. Pochissimo tempo fa c’è stato il “concorsone”, a cui hanno partecipato tutti i giornalisti precari per entrare alla RAI come redattore “da 1200 euro al mese”. Per uno come me, una persona che viaggia, che ha bisogno di determinati mezzi, questa cifra è improponibile, ma ero comunque tra gli iscritti. Ogni volta che la RAI indice il concorso ci ritroviamo tutti lì, perché per chi vuole fare il giornalista è una bella sicurezza. Molti giornalisti e autori probabilmente si presenteranno anche al concorso del Ministero dell’Istruzione per diventare insegnanti, perché stiamo comunque parlando di uno stipendio fisso a fine mese. Sono fermamente convinto del fatto che lo stipendio fisso, certo, sicuro sia la morte di ogni creativo, ma non biasimo che si presenta a questi concorsi, perché sono il primo ad essere attratto da questa idea di sicurezza.

  1. Valory porta ai suoi “Valoryes” possibili esperienze lavorative e non – come per me i DIDays – che non sono basate tanto sulla “fedeltà” al social, quanto più alla meritocrazia. Non conta da quanto tempo tu sia su Valory, dovrai comunque partecipare al concorso come tutti gli altri e mostrarti in grado. La meritocrazia esiste ancora in ambito lavorativo? O non se ne è mai davvero andata dallo scenario?

Io credo una cosa riguardo la meritocrazia: chiunque ce la fa, anche se è “figlio di”, si è impegnato tanto. Essere “figlio di” non basta per mantenere una posizione. Se conosco molte persone nel mio ambito lavorativo ma non sono in grado di fare una cosa per bene, allora nessuno mi chiamerà per quella posizione. Può capitare che qualcuno parta da una posizione avvantaggiata, non lo metto in dubbio, ma per camminare deve essere bravo. Essere raccomandato, in un mondo super-competitivo come il nostro, non basta: devi darti da fare ogni giorno e amare quello che fai, capendo le regole del gioco.

  1. Ottenere notizie il più possibile “pure”, oggettive. È una possibilità al giorno d’oggi, quando ogni fonte sembra essere guidata da preconcetti, “bias” e simpatie politiche?

Nel momento in cui passi l’esame da giornalista la prima regola che devi imparare è: “Il giornalista non dice la verità, dice qualcosa di verosimile”, perché non è possibile riprodurre la verità. Il giornalista tifoso del Milan non potrà mai avere una valutazione oggettiva durante una partita tra Milan e Inter. L’oggettività non esiste: mostrare delle immagini in un video, utilizzare un tenore di voce in un podcast, sono entrambi filtri soggettivi. La mia religione, per come io la vedo, è diversa da come la vede un’altra persona che ha il mio stesso Testo Sacro. L’oggettività non è fattibile, e questo è un concetto a cui tengo tantissimo. La mia tesi di laurea era su “Il giornalismo di precisione”, e al suo interno affermavo la possibilità di un matrimonio tra oggettività e giornalismo attraverso l’uso corretto dei dati. Il giornalismo di precisione, che si occupa di statistiche, dati ed esperimenti sociali, è vicino all’oggettività, ma ad anni di distanza non credo più che qualcosa di simile sia fattibile. È importante, secondo me più del tentativo di raggiungere l’oggettività, e per per rispetto di sé stessi e dei propri valori, creare un prodotto di cui essere orgoglioso.

Insomma, il podcast è una nuova frontiera, un mondo ancora da esplorare e, soprattutto, da vivere e nutrire le idee. È un mondo che possiamo tenere in tasca, un’ulteriore evoluzione della realtà digitale in cui viviamo, una possibilità in più per un animo creativo deciso a mettersi alla prova. Alla fine, c’è sempre una nuova storia da raccontare.

Vera Lazzaro

DIDAYS: i 5 valory reporters si raccontano

DIDAYS: i 5 valory reporters si raccontano

Manca poco all’evento più esclusivo del digital marketing: arrivano i DiDays, il 29, il 30 e 31 ottobre. Uno spazio totalmente digitale, con 11 sale a tematiche “verticali” allestite per affrontare le questioni più interessanti e recenti del marketing e della tecnologia con professionisti di alto livello.

Valory, attraverso il #VALORYDIDAYSREPORTER CONTEST, ha offerto la possibilità a 5 VALORYERS di dimostrare il loro entusiasmo sul tema dell’innovazione, attraverso la produzione di originali video-interviste e articoli-intervista agli speaker che parteciperanno ai #DiDays2020, accompagnati da un percorso di formazione e confronto insieme alla nostra blogger Linda Lato. 

In questo articolo vi vogliamo parlare di loro. Li abbiamo intervistati per dare voce ai veri protagonisti, i giovani, e scoprire chi sono e come hanno vissuto questa esperienza dimostrando energia, impegno e coraggio. Hanno avuto la possibilità di sperimentare la conduzione di un’intervista verso professionisti di alto livello, hanno scoperto le variabili di un’intervista e superato l’imbarazzo della telecamera, hanno preparato scalette d’intervista e domande, hanno elaborato articoli cercando uno stile personale. Attraverso i loro lavori, che pubblicheremo prossimamente, leggerete e coglierete la loro curiosità verso il mondo che li aspetta e al quale si affacciano con la voglia di capire, per agire nel modo più efficace per raggiungere i propri scopi e realizzare i propri sogni.

@Marco Gastaldi

Mi chiamo Marco Gastaldi e ho 24 anni. Sono appassionato di tecnologia e innovazione digitale. Dopo aver conseguito il diploma di maturità linguistica, mi sono approcciato al mondo della comunicazione digitale frequentato un Master presso l’istituto di formazione Digital-Coach a Milano; in seguito ho verticalizzato le mie competenze tramite corsi on-line più specifici sulla SEO. Mi piace molto tenermi aggiornato e investire sulla mia formazione professionale partecipando a eventi di settore. Spero che la mia passione per le nuove tecnologie possa in futuro diventare la mia professione. 

Perché hai deciso di partecipare a un contest Valory?
Ho deciso di partecipare a questo contest ValorY in quanto il mondo del Digital mi affascina e non vedo l’ora di divulgare la mia passione attraverso articoli e interviste agli speakers dell’evento Digital Innovation Days, scoprendo così anche di più sulla loro professione.

Come hai scelto gli speaker da intervistare?
Tra i molteplici speakers che saranno presenti all’evento, mi sono focalizzato su quelli che afferiscono all’area tematica del Digital Marketing, disciplina che sto approfondendo con vari corsi, scegliendo Luca Mastella, Learnn, Alice Marmieri, Personal Branding expert, Valentina Bella, Virgin Active e Stefano Saladino di Mashub.

Cosa ti ha dato maggiore soddisfazione in questa esperienza?

Questa esperienza è stata per me un’ottima possibilità di lavorare da remoto in un team. Le distanze fisiche si abbattono, le skills e le esperienze di ognuno contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi. Avere inoltre la possibilità di apportare il mio contributo alla realizzazione di interviste a professionisti che operano nel settore di mio interesse, è stato ancora più gratificante.

Qual è stata la più grande difficoltà e come l’hai affrontata?

La difficoltà più grande che ho incontrato è stata vincere l’emotività ma il desiderio di stabilire una relazione con gli speakers ha assunto un ruolo più importante. 

Puoi sintetizzare in una frase questa esperienza da reporter?

L’esperienza da reporter mi sta offrendo la possibilità di mettermi in gioco, relazionandomi all’interno di un gruppo di lavoro eterogeneo dove l’esperienza di ognuno è preziosa.

Descrivi con una frase cos’è VALORY per te.
Per me ValorY è un valido strumento attraverso il quale i giovani possono scoprire le loro passioni attraverso esperienze concrete, mettendosi alla prova con i vari contest, essere guidati da psicologi esperti nell’orientamento professionale e mettersi in contatto con aziende alla ricerca di personale da inserire nel proprio organico.

@Vera Lazzaro

Ho 19 anni e sono studentessa di Lingue per l’Impresa presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Oltre a scrivere per testate online come Change the Future e MadMass, sono un’amante della scrittura creativa e pianifico più storie di quante non sia possibile scriverne. Amo la fotografia, gli animali, e i viaggi.

Perché hai deciso di partecipare a un contest Valory?
Il primo contest su Valory cui ho partecipato, e che poi ho vinto, è stato il #Dreams4Future, a cui ho partecipato seguendo la mia forse erronea filosofia di vita “o la va, o la spacca”. Ho saputo della partecipazione di Valory ai DiDays quest’estate, ma non avevo collegato la cosa a un ulteriore contest. Appena Simona me lo ha proposto, e ho letto il regolamento sull’applicazione, non ci ho pensato due volte (sempre per la mia famosa filosofia di vita) e mi sono iscritta.

Come hai scelto gli speaker da intervistare?
Inizialmente ero ferma sulla decisione di scegliere solo due speaker, che sarebbero stati Damiano Crognali e Martina Rogato, poi però ho dedicato un po’ di tempo alla lista completa, e ho trovato un progetto decisamente interessante (We Road di Fabio Bin) e uno che, pur interessante a sua volta, mi ha mandata in confusione per la sua stessa essenza (South Working di Elena Militello). Visto che non c’è due senza tre, e a questo punto il quattro è un bonus, mi sono lanciata.

Cosa ti ha dato maggiore soddisfazione in questa esperienza?

Sicuramente la possibilità di avere carta bianca sulle domande. Le indicazioni di massima sono necessarie nel lavorare come media partner di un evento grande come lo sono i DIDays, ma non è scontato avere comunque modo di scrivere e porre le domande così da arrivare esattamente dove si vuole, senza prima dover passare attraverso controlli che possono essere (o anche solo sembrare) eccessivi. Nel confronto con i due speaker con cui ho potuto parlare ad oggi, posso dire, forse banalmente, di aver potuto far mio un altro punto di vista che non necessariamente avevo preso in considerazione prima.

Qual è stata la più grande difficoltà e come l’hai affrontata?
Credo la mia più grande difficoltà fino ad ora, che sarà poi la stessa fino alla chiusura del lavoro da reporter, sia stato l’aspetto temporale. Tra l’università (che è online, sì, ma ha comunque orari al limite della follia) e i vari progetti che seguo in parallelo, trovare una giusta porzione di tempo da dedicare a Valory e alle interviste è un compito particolarmente tortuoso, ma il forte interesse mi spingerà a trovare il modo di organizzarmi al meglio.

Puoi sintetizzare in una frase questa esperienza da reporter?
Impegnativa,ma stimolante.

Descrivi con una frase cos’è VALORY per te.
Un asso durante una partita a carte. È quel qualcosa che non vedi arrivare, quell’iniziativa che magari al momento sembra utopistica e poco coerente con l’andamento odierno del mondo, e che poi svela essere sì diversa,ma capace di cambiare le cose – ancora in piccolo ma con un coinvolgimento sempre maggiore di giovani motivati.

@Diego Patrizio

Mi chiamo Diego, ho 15 anni e vado al liceo scientifico. Nel tempo libero mi piace sperimentare cose nuove: in questo ultimo periodo mi sono appassionato alla cucina e in generale al mondo del cibo e, in questi giorni sto partecipando al contest di Valory reporter per Didays. Questa però non è la mia prima esperienza con Valory, perché questa estate ho partecipato alla creazione di un cortometraggio. Posso dire che sono una persona piuttosto attiva, la quale si butta a capofitto nelle idee in cui vede un’opportunità di crescita! Mi piace molto anche giocare a tennis e fare l’animatore con i bambini.

Perché hai deciso di partecipare a un contest Valory?
Ho deciso di partecipare a questo contest Valory perché innanzitutto è un’opportunità nuova dove posso imparare nuove abilità, come scrivere un articolo e fare un’intervista, ma anche approfondire tematiche di mio interesse, solo per dirne alcune tech food e sostenibilità ambientale.

Come hai scelto gli speaker da intervistare?
Ho scelto gli speaker in base alle mie tematiche di interesse e in base alle descrizioni che mi colpivano e mi incuriosivano di più. Ho confermato, dopo una ricerca sul web  prima di sceglierli definitivamente, Giacomo Stefanini di Water Giver, Andrea Montuschi di Great Place to Work e Stefano Bassi di Patagonia..

Cosa ti ha dato maggiore soddisfazione in questa esperienza?
Quello che mi ha dato maggior soddisfazione sono state le interviste con gli speaker, ma anche tutto il lavoro di analisi e ideazione delle domande. Infatti, nonostante sia stato un processo laborioso, il fatto di sforzarmi a trovare domande il più creative e anche il più interessanti possibili mi ha dato un forte senso di appagamento.

Qual è stata la più grande difficoltà e come l’hai affrontata?
Non ho trovato grandi difficoltà finora. Posso dire che la scelta degli speaker è stata complicata principalmente perché avrei voluto intervistare di più,ma dato il mio poco tempo materiale per poter svolgere tutte le interviste che volevo, ho ovviato al problema scegliendo gli speaker che veramente mi interessavano: non solo dal lato professionale, ma anche dal lato umano, che in qualche modo sono riuscito a percepire.

Puoi sintetizzare in una frase questa esperienza da reporter?
Finora posso dire che la soddisfazione che si riceve da un lavoro ben fatto è veramente enorme. Questa esperienza è la conferma che per fare le cose bene bisogna essere costanti e impegnarsi tanto. La strada che porta all’articolo finito è tanta, ma non ci si deve spaventare! Perché è il processo in sé l’articolo: tutte le esperienze provate non potranno essere contenute e pienamente apprezzate in esso, e forse proprio per questa ragione, la realizzazione dell’articolo è resa ancora più magica.

Descrivi con una frase cos’è VALORY per te.
Valory è un Community dove si può crescere e coltivare le proprie passioni parallelamente con i vari utenti online, ma anche allo stesso tempo viverle nella vita reale.

@JESSICA STELLA

Sono Jessica Stella, ho 17 anni, vengo da Plaino in provincia di Udine e studio all’istituto tecnico economico Zanon. Sono una ragazza creativa, determinata e con molti interessi: tra questi la cura dell’ambiente e della persona, di conseguenza il mondo della medicina alternativa e dell’alimentazione. Un’altra mia passione è l’arte. Mi piace partecipare alle attività che mi vengono proposte perché mi fanno conoscere persone e sviluppare nuove competenze. In particolare mi hanno segnato la realizzazione di un cortometraggio (avviato da Valory) e il progetto 120 secondi ideato da Friuli Innovazione. Secondo me bisogna sempre seguire i propri sogni e le proprie passioni e, perché no, buttarsi in nuove esperienze.

Perché hai deciso di partecipare a un contest Valory?
Ho deciso di partecipare a questo contest (ma in generale mi piace partecipare ai diversi contest proposti da Valory) in quanto mi dà l’opportunità di sviluppare nuove competenze, approfondire alcune materie di mio interesse grazie a persone molto competenti nel loro ambito, conoscere persone nuove e ultimo, ma non per importanza, mettermi alla prova.

Come hai scelto gli speaker da intervistare?
Ho scelto gli speaker da intervistare basandomi sui miei personali interessi e su quelli di molti altri giovani oggigiorno. Mi sono concentrata su esperti in alcuni ambiti come rispetto dell’ambiente, sviluppo sostenibile, creatività. Non nego che mi sarebbe piaciuto anche approfondire l’ambito food ma alla fine mi sono concentrata su Bruno Bertelli di Publics Worlwilde , Giovanni Tula, Enel Global Power Generation e Martina Rogato che intervisterò insieme a Vera.

Cosa ti ha dato maggiore soddisfazione in questa esperienza?
Sono ancora all’inizio di questo contest ma la cosa che mi sta dando più soddisfazione per ora è la conoscenza di nuovi personaggi e il percorso di preparazione che sto compiendo.

Qual è stata la più grande difficoltà e come l’hai affrontata?
Non nego che non è stato semplice scegliere solo alcuni tra tutti gli speaker che ci sono stati proposti, dato che si tratta di persone molto competenti e con dei fantastici valori, ma immagino che la difficoltà più grande sarà scrivere un articolo dato che non mi sono mai cimentata in questa attività. Ma le sfide sono fatte per essere affrontate.

Puoi sintetizzare in una frase questa esperienza da reporter?
E’ sicuramente un’esperienza diversa e stimolante. Se desideri qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto.

Descrivi con una frase cos’è VALORY per te.
Valory è l’opportunità di esprimere se stessi e farsi conoscere con autenticità, attraverso le proprie passioni e interessi che possono solo aumentare in questa piattaforma ricca di stimoli.

@Samantha Zorzi

Sono una ragazza di 25 anni che ama l’arte, la natura, leggere, scrivere e la tecnologia. Sto studiando all’università PsicoEconomia, un percorso di studi che mi permette di unire le mie due metà quella più razionale con quella più emotiva per poter entrare nel mondo del lavoro della nuova economia. Ho sempre amato le innovazioni e ammirato quei sognatori che non smettono di credere nei propri sogni. Nel corso degli anni ho studiato Grafica e intervistato soprattutto scrittrici, ho partecipato al Web Marketing Festival che mi ha permesso di accrescere la mia cultura del mondo digitale. Mi fa molto piacere vivere questa nuova esperienza perché so che potrebbe darmi molto.

Perché hai deciso di partecipare a un contest Valory?
Ho deciso di partecipare a un contest Valory per poter fare una nuova esperienza e per mettermi alla prova, ho sempre amato le sfide con me stessa perché anche se ho paura molte vittorie le ho avute proprio grazie a questo mio spirito di avventura, trovando il coraggio dentro di me per poter fare quel salto nel cosiddetto vuoto.

Come hai scelto gli speaker da intervistare?
Ho scelto gli speaker da intervistare in base alle mie esperienze personali e al loro percorso trovando quelle esperienze simili per trovare un punto in comune della stessa realtà anche se le esperienze sono diverse. Per questo ho scelto speaker che parlano di libri e del personal branding nel mondo digitale come Greta Santi di Zoocom e Rossella Campisi di Lush e Irene Bosi di Martekers, nonchè la prof.ssa Francesca Romana Rinaldi dell’Università Bocconi. 

Cosa ti ha dato maggiore soddisfazione in questa esperienza?
A questa domanda non so rispondere in modo completo perché il mio viaggio non è ancora giunto a destinazione, sicuramente mi sta dando molte soddisfazioni a riguardo del coraggio che essendo per certi versi molto timida questa esperienza mi sta permettendo di crescere ancora di più aiutandomi a trovare la mia strada.

Qual è stata la più grande difficoltà e come l’hai affrontata?
La paura saltando nel vuoto sicuramente ma l’ho affrontata sapendo di avere dei compagni di viaggio che mi avrebbero sostenuta.

Puoi sintetizzare in una frase questa esperienza da reporter?
Abbi il coraggio di saltare nel vuoto e vivere la tua avventura.

Descrivi con una frase cos’è VALORY per te.
Valory per me è crescita personale.

Avete letto quanta passione e impegno? Pensate sia facile? Non lo è! In questa intervista i nostri Valoryers ci hanno parlato dei loro sogni, dei loro interessi, delle loro perplessità e ci hanno dimostrato il loro coraggio rispetto al futuro. 

Ci hanno espresso il desiderio di sperimentarsi in esperienze del tutto nuove per costruire nuovi significati alla loro Vita grazie alla condivisione. 

Noi di Valory siamo qui per sostenere le loro aspirazioni.

Grazie ragazzi!

Cronache di una giovane giornalista

Cronache di una giovane giornalista

“Passione e dedizione. Giornalisti si nasce?!

Ciao a tutti, sono Valentina,

ho 28 anni e sono una ragazza che scrive articoli su giornali cartacei e su una piattaforma web. Da oggi sono su Valory per raccontarvi un po’ quello che è il mondo del giornalismo di oggi in Italia. Quando Simona mi ha chiamato, dopo aver visto il mio profilo Instagram e la pagina Facebook di People’s Voice, dove intervisto e racconto i giovani con progetti, idee e sogni, ho accettato di buon grado la sua proposta. Sostengo i propositi di Valory, li ritengo molto importanti al giorno d’oggi e sono super felice di farne parte.

Sicuramente, letto l’incipit della presentazione, starete pensando “ah, beh sei una giornalista!”.

Si, vero, quando mi presento agli altri e non ho la possibilità di utilizzare dieci secondi del tempo disponibile per dire questa frase, mi definisco “giornalista”.

Ma, al di là della parola stessa, (la paura di un nome non fa che incrementare la paura della cosa stessa, si cita nella saggia saga di Harry Potter – di cui sono una super fan ndr.) il giornalista, prima di essere un intellettuale, una persona colta, uno studioso, un appassionato di geopolitica, di sport, di moda etc, è, fondamentalmente, una persona rimasta ferma alla fase dei perchè” attraversata dai bambini piccoli.

Il giornalista è una persona curiosa. Punto. Un uomo o una donna che ad ogni sguardo, ad ogni azione, comportamento, avvenimento, si chiede prima di tutto una cosa “Perchè?… Perchè è successo questo? Perchè quel tale ha detto così?”.

Una volta scoperto che la tua passione primaria, prima ancora della tua sopravvivenza base – (tipo mangiare e bere – quelle ti ricordi quando ti brontola la pancia o hai la gola secca, prima la tua testa è altrove, non di certo focalizzata sul tuo stomaco) – è quella di dare una risposta a tutti questi “Perchè”, e che l’unico modo per darne sfogo è quella di diventare un giornalista, sappi che dovrai affrontare la tua prima grande sfida: “Il cellulare che squilla!”.

Si, davvero, a te che vuoi diventare giornalista dico: benvenuto nel club!

Ora scrivo per alcune testate locali, mi occupo di cronaca, di tutti i colori, una cosa “tranqui”, visto che al mondo oggi, ne succedono davvero di tutti i colori, talvolta anche di cultura, ma l’inizio del mio percorso lavorativo in quest’ambito è stato… rullo di tamburi… nella moda!

Ed è lì che ho capito davvero che prima di saper scrivere correttamente un articolo, inserire le 5 W, la regola delle regole, la regina, la base delle basi, (Who? Chi?, What? Che cosa?, When? Quando?, Where? Dove?, Why? Perché?), bisogna alzare il telefono, attendere che qualcuno ti risponda, fare le domande del caso, dritto al punto, scrivere quanto detto. Potrà sembrare banale, ma le prime volte, in quelle telefonate, c’è tutta la tua vita. Il cuore ti batte all’impazzata (e se dico castronerie?), la salivazione è pari a zero (e se non ricordo come mi chiamo?) e il sudore alle mani aumenta (ma se ci sono – 10 gradi com’è possibile? scusate accendiamo l’aria condizionata?) ogni singolo squillo equivale ad un tuo respiro che viene a mancare. E poi, dall’altro capo della cornetta, ecco la risposta. Ah, il sollievo di iniziare, dopo qualche momento di titubanza, che felicità!

Una volta superato l’approccio telefonico, si passerà ad un altro tasto dolente: la stretta di mano, l’intervista “face to face”.

Se mentre state leggendo questo scritto, siete seduti e in parte a voi avete carta e penna, prendete appunti: stringi forte la mano dell’intervistato, guardalo negli occhi. Ripetiamo assieme. Stringi forte la mano dell’intervistato, guardalo negli occhi. Non è una sfida, non sei tu giornalista vs politico di turno (cito i politici perchè di solito sono quelli che all’inizio intimoriscono di più, vi sfido a sentire “modifica di bilancio” quattro volte in una frase di dieci parole e capire dove inserirla nel testo, eh!). Ma non dovete nemmeno sentirvi inadeguati, pensare di essere di meno della persona che andate ad intervistare. Fondamentale, se volete fare il giornalista, è sentirvi alla pari, esattamente sullo stesso livello. Certo, vi suderà la mano, sicuramente di più dell’intervista telefonica, ma è un gesto che va fatto. Quindi, spalle dritte, educazione, forte stretta di mano, e via con l’intervista.

Se nel leggere queste caratteristiche basi, l’essere di un giornalista, hai sentito qualcosa, proprio in centro, qui, nel petto, ti stai già immaginando in una redazione, circondato da telefoni che squillano, se ti senti pronto a girare un po’ come una trottola per intervistare le varie persone e dare una risposta ai tuoi “perchè”, beh, qui la mano collega!!

Essere giornalista per me, vi sembrerà banale visto che sono di parte, è fare il lavoro più bello e difficile del mondo. Se anche tu entrerai in questo pazzo giro, credimi, avrai la possibilità di incontrare tantissime persone, svariate realtà, di raccontare storie, di farti nuove amicizie, di ridere fino a piangere, ma anche di piangere per davvero, di tirare fuori un coraggio che non sapevi di avere, di dedicare moltissimo tempo a tutto questo, di stare attenta, e soprattutto, capirai che dalle parole da te scritte deve sempre esserci solo una cosa fondamentale: la verità.

Ma queste sono tutte sfaccettature che vi racconterò nei prossimi giorni.

A presto

Valentina