Cinque ragazzi di età e città diverse, con poco in comune se non un interesse nei confronti della scrittura e del giornalismo.

Cinque ragazzi che probabilmente non si sarebbero mai confrontati se non fossero approdati sulla piattaforma Valory, o non avessero deciso di partecipare al contest istituito per diventare reporter per i Digital Innovation Days, edizione 2020.

L’intero mese di Ottobre è stato dedicato all’approfondimento guidato dalla blogger Linda Lato della metodologia da usare, e alle interviste agli speaker, selezionati singolarmente dai reporter sulla base dei nostri interessi. Interviste domenicali, interviste in corsa, interviste più rilassate che hanno strappato una risata ai partecipanti.

E se già all’inizio dell’esperienza tutti i Valory reporter hanno avuto modo di dire la loro, raccontare cosa li aveva spinti a partecipare al contest, quali difficoltà avessero riscontrato e così via, ad evento chiuso è giunto il momento di tirare le fila, e scoprire cosa, davvero, i DIDays hanno portato nella vita di ognuno di noi.

Mi chiamo Marco Gastaldi e ho 24 anni. L’evento “Digital Innovation Days” è stato per me un’ottima occasione per conoscere i diversi punti di vista sul Digitale dei vari speakers relatori, aumentare le mie competenze ed entrare in contatto, facendo rete, con nuovi professionisti che prima non conoscevo.

Ho seguito in particolare alcuni interventi focalizzandomi principalmente su due aspetti per me importanti: la formazione e l’uso di LinkedIn. Tutti gli interventi hanno avuto un denominatore comune: il digitale implementato non solo nel momento presente in vista del recente lockdown ma visto come una prassi da utilizzare anche nel futuro. Se penso al mondo della formazione, il primo pensiero che mi viene in mente è il ricordo delle fatiche sostenute negli anni per ottenere testi scolastici in formato digitale che fossero accessibili a tutti i portatori di disabilità. Oggi il mondo dell’editoria si è evoluto molto: diverse opere, non solo i testi scolastici, sono disponibili per tutti anche in versione digitale e ho potuto notare con piacere che molti enti di formazione hanno modificato il loro approccio metodologico, con modalità online e un’interazione tra i discenti attraverso le piattaforme sincrone spesso utilizzate durante il recente lockdown. La digitalizzazione però non si è limitata a questo, in un tempo relativamente breve si è introdotta nella nostra quotidianità. È evidente che il digitale sta diventando ora molto pervasivo nel nostro Paese in tutti i settori produttivi, è la strada per permettere una maggiore competitività ed in molti casi la sopravvivenza alle tante realtà che contraddistinguono l’Italia, dall’artigianato alle piccole industrie, al settore della moda e del turismo, ai tanti piccoli contesti unici per la loro creatività. La novità che ho percepito nei vari interventi è stata la visione dell’innovazione come occasione per riflettere su sé stessi generando un cambiamento, come mezzo affinché l’essere umano segua le proprie aspirazioni, come strumento per instaurare un marketing più etico. Un’evoluzione a mio parere necessaria per un Digital Marketing non più volto solo ad acquisire un numero elevato di contatti, ma che si pone l’obiettivo di rispondere al bisogno crescente dei potenziali clienti di essere ascoltati e di instaurare rapporti di fiducia, che successivamente genereranno fidelizzazioni. Da ciò l’importanza di creare contenuti per il proprio profilo LinkedIn pensati appositamente per ogni categoria di utenti target, creando relazioni. La formazione vista come occasione di cambiamento deve per necessità essere più ampia, orizzontale, accessibile a tutti, in modo che ogni individuo possa promuovere l’innovazione nell’impresa in cui lavora. Gli interventi che si sono susseguiti nel corso dei “Digital Innovation Days” mi hanno confermato la possibilità di instaurare un marketing digitale che generi nell’altro gratitudine.

Il mio nome è Vera Lazzaro, ho 19 anni (quasi 20, mettiamola così e sentiamoci più maturi!) e, dall’inizio del lockdown, credo di aver preso parte – come spettatrice – a una miriade di eventi virtuali. Dalle più semplici riunioni, a seminari (che pare si chiamino “webinar” nella fluida lingua del web, ma preferisco continuare a utilizzare il termine vecchio stile) sugli argomenti più disparati, alle lezioni universitarie di ogni materia immaginabile: il web ha permesso, a me come alla maggior parte dei miei coetanei, di mantenere in un periodo di stravolgimento almeno la parvenza di una vita normale.

Molti dei miei amici mi definiscono una persona ipercritica. Se questa è una cosa buona – parzialmente – quando rifletto queste continue critiche su me stessa, non posso dire la stessa cosa quando il mio cipiglio dubbioso si ferma sull’opera altrui. L’avere sempre più a che fare con i social network, però, soprattutto a partire dalla mia esperienza con il giornale online Change the Future (“figlio” di Save the Children Italia e SottoSopra), mi ha fatto notare che forse il mio essere critica nei confronti di tutto e tutti – con i giusti limiti autoimposti e una mano da parte di qualcuno più tranquillo di me! – può essere un’arma importante.

I social network lavorano molto sull’immediatezza. Una bella grafica, una bella immagine, un video con un attacco importante: questo è quello che sembra funzionare, perché, come ci hanno fatto notare i creatori di TikTok (quando l’ho usato, per esattamente due giorni, si chiamava ancora Musical.ly), lo span medio di attenzione si è ridotto tanto da far sembrare anche video da 30 secondi un tantino troppo lunghi.

La partecipazione ai DIDays – anche se frammentata a causa degli impegni universitari, e ringrazio il fatto che gli interventi siano poi stati caricati comunque e lanciati nell’etere per chi come me ne ha perso qualcuno – è stata interessante anche per dare un’occhiata alla vera e propria scienza che si sta sviluppando dietro i social. Ci sono contenuti che vanno bene su FaceBook, ma sono impensabili su Instagram: è diverso il format, è diverso il pubblico, è diverso l’uso del social. Ci sono video che vanno bene per YouTube, ma per IGTV, che sta prendendo piede, non sono abbastanza immediati: se su YouTube guardo un video di quindici minuti, non è detto che io sia disposta a farlo su Instagram. Ed è incredibilmente interessante, perché scoprire come funzionano i social – meglio, come le persone utilizzano i social trascinando altre persone “esperte” nella valutazione e ottimizzazione dei medium – ci aiuta anche, un po’, a scoprire lati messi in ombra di noi stessi.

Ciao sono Diego Patrizio,  ho 15 anni e anch’io ho partecipato all’esperienza “full immersion” come Valory reporter per l’evento online dei Digital Innovation Days.

Devo dire che è stata un esperienza più che positiva anche se non l’ho completamente conclusa, (aspettatevi ancora qualche articolo sul blog!).

Come ho detto sono un’adolescente, ma nonostante ciò ho deciso di gettarmi a dirimpetto in questa esperienza, seppur possa sembrare da adulti, e, quello che ne è uscito fuori è stato un qualcosa di piacevolmente inaspettato. 

Dovete sapere che io amo l’incertezza perché penso che le cose più belle avvengono proprio quando non si sa bene cosa può accadere: in una tale condizione si è molto vigili, visto che nulla è dato per scontato, dando così molta attenzione ed importanza ad ogni minimo “segnale” percepito: è in questo stato immersivo dove trovo le idee migliori e mi pongo le domande più complesse.

Questo è un concetto che lo sento particolarmente mio, e posso anche catalogarlo come un mio valore, anzi direi che questa è la mia personale interpretazione di innovazione!

Durante gli “speech” sono stato in questo quasi perenne stato di immersione profonda: più discorsi sentivo e più i dubbi si formavano dentro la mia mente.

La frase di Socrate: “So di non sapere” racchiude quello che ho provato: più mi sforzavo di comprendere qualcosa e più mi rendevo conto del fatto che la mia conoscenza è molto limitata.

Questo è un sentimento raro, con sensazioni contrastanti, che chiede lunghi momenti di silenzio per essere ben compreso ed ascoltato: sento la sua presenza ancora adesso, tramite nuove e vecchie domande, domande mai poste ed altre da tempo ignorate. 

L’impatto dei DIDays su di me è stato piuttosto concreto e comprendo che il digitale, tramite tutte le sue varie manifestazioni, può risolvere sotto la guida dell’uomo molti problemi: basti pensare che se l’evento non fosse stato trasmesso via remoto io non l’avrei mai visto ed adesso non sarei qui a scrivervi della mia esperienza!

L’elemento cardine però è sempre l’uomo, il quale tramite il suo tratto distintivo: cioè l’immaginazione, deve porsi nuove domande e, assistito dal digitale, trovare nuove risposte. Solo così l’umanità potrà concretizzare un nuovo futuro: un futuro diverso, pronto al cambiamento, forse anche migliore, che però per realizzarsi deve prima portare cambiamento dentro noi stessi: perché siamo proprio noi, specie umana, coloro che orientano la direzione del futuro e nessun altro (neanche il digitale!) può adempiere a questo compito: tanto difficile quanto incredibilmente affascinante.

Sono Jessica Stella, ho 17 anni e studio relazioni internazionali per il marketing all’istituto tecnico Zanon di Udine.

Ho deciso di partecipare a questa esperienza come reporter per l’evento digital innovation days non solo per soddisfare la mia curiosità insaziabile e la voglia di intraprendere nuove esperienze e sfide personali ma anche per toccare con mano il mondo dell’innovazione, osservando da vicino quello che questo futuro sempre più prossimo ci aspetta, grazie alle incredibili tecnologie di cui disponiamo e alla conseguente innovazione visibile nella quotidianità.

Questa esperienza mi ha aperto la mente; non solo grazie alla possibilità che ho avuto di intervistare ed assistere agli interventi di numerosi speaker molto competenti nel loro settore (che hanno trattato in anteprima temi innovativi su vari argomenti di mio interesse personale e di cui non molti sono a conoscenza); ma anche di approfondire e osservare più da vicino e con un’ottica diversa il cambiamento che la digitalizzazione sta portando nel mondo odierno.

Molti potrebbero pensare che digital innovation days sia rivolta a soli adulti e che adolescenti come me potrebbero non aver colto; ma non è così! 
Per me l’innovazione si fonda sulla capacità di trasgredire e pensare fuori dagli schemi;
e chi, meglio di noi giovani è in grado di farlo?

A mio parere dovremmo smettere di soffermarci su chi ha creato cosa e collaborare per realizzare i nostri sogni, ricordandoci che non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere ma quella che si adatta meglio al cambiamento.

Sono Samantha Zorzi, ho 25 e vengo da Padova, mi sono diplomata in lingue e Web Graphic Design e ora sto studiando PsicoEconomia all’Università.

Il mondo del Digitale e dell’innovazione mi ha sempre affascinata ed ho sempre ricercato ogni strumento, webinar, seminario o evento che mi potesse essere d’aiuto nella mia crescita in questo campo sia personale, professionale e artistico. 

Ho deciso di partecipare a questo evento il “Digital Innovation Days” in veste di Valory Reporter perchè per me è stata un’ottima opportunità per crescere come persona, lanciarsi nel cosiddetto “Ignoto” non è mai semplice, tanti è vero possono essere i dubbi, soltanto che farlo beh questo sì che porta grandi soddisfazioni. Questa esperienza mi ha permesso di confrontarmi con altre figure professionali più esperte, conoscere nuove realtà e non solo dal punto di vista professionale, anche umanitario ed è stato per me un grande onore. 

Ho conosciuto temi di grande valore come: Cambiamento, Resilienza e la Forza di Volontà. 

Sono grata a Valory perchè mi ha permesso di fare questa meravigliosa esperienza che porterò sempre nel cuore. 

I DIDays sono giunti alla fine, i pezzi, quasi tutti, sono stati completati e pubblicati o in programmazione. Certo, ed è una sensazione comune a tutti i cinque reporter, un evento totalmente in digitale non può essere innalzato allo stesso livello di un evento fisico, dove le parole di uno speaker si fanno strada tra mormorii interessati, battute, ragionamenti. Non c’è lo stesso calore, davanti a uno schermo, non c’è la stessa sensazione di essere parte di qualcosa di grande.

Tuttavia, va riconosciuto un valore aggiunto alla digitalizzazione di eventi di questo tipo: una maggiore accessibilità. Resa una necessità dalla pandemia di COVID, la digitalizzazione può diventare una “best practice” non solo per questo evento ma a livello generale, in quanto permette a persone lontane di annullare la distanza e a chi, per qualunque motivo, ha difficoltà nel partecipare fisicamente a questi eventi, di essere comunque parte di un’immensa comunità online.
Noi vi aspettiamo sulla nostra community VALORY!