Intervista a  Simona Dell’Utri, Founder di Bevalory, startup innovativa a vocazione sociale che offre servizi innovativi di supporto alla crescita personale e professionale dei giovani attraverso una piattaforma digitale ideata ad hoc per ragazzi dai 16 ai 29 anni.

 

Ciao Simona! Cos’è e come è nata Valory App?

Valory nasce da uno sguardo attento verso i giovani e verso ciò che loro ci vogliono comunicare in modo più o meno esplicito. Un treno con un gruppo di ragazzi con il cellulare in mano e un muro che passa veloce con una scritta “voglio un mondo all’altezza dei sogni che ho” (by Ligabue). Da qui un’intuizione! Perché non trasformare il mondo digitale in uno strumento sicuro e stimolante dove i giovani possano trovare contenuti filtrati, destinati ad un loro coinvolgimento attivo? Perché non dare loro la possibilità di entrare in contatto con dei professionisti per ricevere delle risposte personalizzate per evitare fake news e risposte generiche?

Così nasce l’idea di usare un social come acceleratore di abilità personali dedicato alle nuove generazioni.

La Valory Generation racconta le sue passioni attraverso contenuti di valore, attiva un percorso di arricchimento personale per accrescere la consapevolezza in sé stessi e nelle proprie capacità, grazie al confronto con allenatori di successo, guardando al futuro con più positività.

Il vostro target è molto giovane. Quali sono le potenzialità delle nuove generazioni?

Abbiamo voluto ampliare il nostro target aprendo le braccia a ragazzi dai 16 ai 29 anni perché l’età della “maturità” si è dilatata a causa dell’incertezza nel futuro, sono infatti oltre 2 milioni i giovani NEET che preoccupano Istituzioni, genitori ed educatori più in generale.

Una generazione di nativi digitali, chiamata down-look ma per noi di VALORY patrimonio del Futuro che verrà.

Quali sono le potenzialità? Sono IPER in tutto.

iper-connessi: iper-veloci: iper-realistici: iper-critici:

Godono di una velocità di elaborazione delle informazioni per noi adulti difficile da gestire, vivono in una dimensione che corre alla velocità della luce e sono affamati di risposte che reperiscono facilmente con un click.

Cosa vogliamo noi di Valory? Noi vogliamo investire sulle loro capacità, fortificando le loro life-skills attraverso un meccanismo di gamification che li renda pro-attivi già nel mondo digitale e che inneschi in loro la voglia di diventare consapevoli protagonisti della loro vita anche durante eventi Live che organizziamo su tutto il territorio.

Tutto questo è possibile grazie al coinvolgimento di professionisti ed esperti in diversi settori che entrano in contatto con i ragazzi attraverso delle live chat, per approfondire le loro passioni, dar loro consigli, aiutandoli a trovare la propria strada verso il futuro.

A dare un valore aggiunto al vostro prodotto è la partnership con l’Ordine degli Psicologi. Qual è il ruolo dei partner in una startup, come si creano sinergie tra realtà diverse?

La creazione di alleanze è un passaggio fondamentale per una start-up, i partner strategici sono degli interlocutori lungimiranti che vedono in te quello che sarai da lì ad un lasso di tempo non ben definito.

Grazie a loro una start-up può iniziare a costruire la propria reputazione dando credibilità al progetto che vuole sviluppare.

Per noi il riconoscimento da parte del CNOP ci ha permesso di completare il nostro servizio di supporto e orientamento offrendo professionalità qualificata ai nostri giovani, ma dando anche agli psicologi l’opportunità di avvicinarsi al loro mondo attraverso l’utilizzo di un linguaggio moderno e smart.

È una rivoluzione culturale che risponde ad un bisogno sempre più impellente.

Com’è stato il passaggio da lavoro dipendente a imprenditrice? Nel tuo caso, dall’estero sei tornata in Italia, una scelta controcorrente…

Sì, una scelta dettata dalla voglia di poter restituire al mio territorio ciò che avevo ricevuto, per questo la scelta di aprire la sede a Udine (nonostante ci fossero in lizza città come Milano, Bologna).

Ciò che dico ai nostri ragazzi è quello di alimentare continuamente la propria immaginazione, di essere curiosi di scoprire il “nuovo”, perché solo acquisendo conoscenza è possibile apprezzare e decidere in piena libertà cosa si voler essere.

Pertanto dopo aver fatto esperienze in diverse parti del mondo, ho voluto accettare la sfida di tornare in Italia per sviluppare un’innovazione sociale partendo dal mondo social.

Uno dei temi più spinosi per chi si approccia ad avviare una startup riguarda gli investimenti. Voi come vi siete mossi e quali consigli potete dare a chi sta iniziando?

Sviluppare un business model realistico è l’inizio di un lungo viaggio perché la difficoltà sta nella programmazione a lungo termine. Il contesto globale è in continua evoluzione pertanto la certezza è non avere certezza alcuna tranne quella di credere fermamente nella tua innovazione. Da lì bisogna trovare l’energia vitale per poter convincere più interlocutori possibile a sostenerti , non solo con le parole “complimenti per il progetto” ( credo di averlo sentito più di 1000 volte in un anno), ma con un impegno fattivo.

La flessibilità è la regola n°1, perché se hai preso la decisione di diventare un imprenditore, sei consapevole dei diversi ruoli che dovrai assumere (100 in uno), dei NO che riceverai e dei muri che dovrai abbattere per ritrovare la tua strada.

In Italia, solo il 13% delle startup è fondata da una donna. Secondo la tua esperienza ci sono delle difficoltà maggiori, è una questione più culturale, come si può fare per accelerare la crescita dell’imprenditoria femminile?

Credo che le donne stesse debbano sfatare questa tara culturale dell’inferiorità. Non ho mai vissuto il mio essere donna come un limite e sono consapevole delle soft skills che ognuna di noi sviluppa per la nostra natura intrinseca. Pertanto credo che questo dato sia un atto di responsabilità personale essendo consapevoli dell’impegno che una carriera imprenditoriale porta con sè.

È anche vero che se le Istituzioni agevolassero il sostegno alle famiglie e al ruolo genitoriale, ci potrebbe essere un fiorire o ri-fiorire di talenti femminili in tutti i settori.

Si dice sempre che le startup hanno una vita media molto breve e la vera sfida per crescere è superare la fase di start e considerarsi davvero un’azienda.
Quali sono quindi gli obiettivi per il futuro di ValoryApp?

Sicuramente il primo anno di vita è il più complicato tra entusiasmi e sconfitte devi fare i conti con la tua autostima e con il business plan.

Una volta che ti sei assestato e hai trovato un equilibrio (ricordati sempre in continuo mutamento), allora puoi considerarti un’azienda pronta a raggiungere il primo di tanti traguardi.

Per Valory l’obiettivo primario è quello di creare un processo virtuoso e responsabile sviluppando alleanze tra giovani e adulti, per generare valore per tutti.

Per fare questo dobbiamo farci conoscere in modo virale facendo capire ai nostri partner che attraverso VALORY sostengono il primo Social Responsabile valorizzando la propria CSR, mentre i giovani diventano protagonisti consapevoli del loro futuro.

Trasformiamo il virtuale in opportunità Reali.

Un altro progetto ambizioso è quello di poter far conoscere VALORY in tutte le scuole d’Italia come strumento di supporto allo sviluppo delle soft skills dei propri studenti e all’orientamento digitale grazie a professionisti al loro servizio.

Tutto questo verrà raccontato attraverso un documentario “La Buona Scuola Italiana” realizzato dagli stessi studenti e presentato al MISE entro l’anno prossimo.

Grazie Simona e in bocca al lupo!

Intervista a cura di Simona Mapelli. 

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