Il podcast secondo Crognali: “Nuovo cinema per le orecchie”

Il podcast secondo Crognali: “Nuovo cinema per le orecchie”

Parte integrante, dal 2004, della scena giornalistica italiana e non solo, Damiano Crognali è tra le altre cose un reporter e un podcaster. Dal 2018 è corrispondente dal Golfo per l’Agenzia Giornalistica Italiana, ruolo che lo ha portato a vivere in Kuwait e seguire accadimenti in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Iran.

È domenica mattina quando ci propone la videochiamata per l’intervista, e il primo pensiero è un comprensibilissimo “Ma di domenica? È socialmente accettabile?”. In qualche parte del mondo, sì. E quando vivi a Kuwait da un po’, circondato da persone con una settimana organizzata diversamente, inizi ad abituarti a uno spazio-tempo diverso, come un supereroe che scavalca il limite tra dimensioni per divertimento.

Una domenica prima di pranzo, quindi io, Vera Lazzaro, studentessa di Lingue per l’impresa all’Università Cattolica di Milano, nelle vesti di #valory reporter, ho parlato con Damiano di podcast (soggetto del suo ultimo libro nonché fenomeno in continua crescita  a livello globale) e della situazione lavorativa italiana, soprattutto in ambito giornalistico.

  1. Il podcast può sostituire il giornalismo (cartaceo e/o digitale) in un mondo in corsa?

Il podcast porta dei vantaggi indiscutibili, dal punto di vista del giornalismo. Prima di tutto, puoi essere da solo ad operare, o in un team di due persone, e il processo è più veloce, permette di competere con le radio, con i grandi media. Non è da sottovalutare la possibilità di invadere meno la privacy delle persone, un argomento molto sensibile, a cui prestare attenzione, soprattutto nei tempi che viviamo. Un ulteriore vantaggio è il poter utilizzare il podcast anche in mobilità: d’altronde è a tutti gli effetti “cinema per le orecchie”. Viviamo nell’epoca del multitasking e, pur non apprezzando troppo questo aspetto del vissuto quotidiano, ammetto che il podcast è il mezzo di comunicazione giusto per questo periodo storico. 

  1. Quali differenze sostanziali di funzionamento ci sono tra YouTube e i vari sistemi di diffusione di podcast? Quale sistema avrà più successo in futuro, sulla base dei dati odierni?

YouTube, per quanto riguarda i podcast, è una piattaforma di diffusione come un’altra. YouTube tratta soprattutto video, funziona “male” per i podcast, ma utilizzando il giusto titolo non è improbabile ottenere qualche click perché c’è una community attiva molto grande. Lo strumento migliore, ad oggi, per un podcaster italiano è Spotify. Il capo attuale della sezione Spotify Sud-Est Europa è Federica Tremolada, che qualche anno fa era a capo di YouTube e ha sottolineato spesso l’importanza di crearsi una fanbase. Spotify ha un vantaggio competitivo enorme, poi, perché sta investendo grandi cifre e ha creato un ecosistema particolare che porta il 60% del traffico audio odierno proprio su questa piattaforma. Ad oggi, poi, Spotify non rende esternamente visibili le persone che decidono di seguire un creatore, il che è un vantaggio: come su YouTube, per crescere rapidamente è meglio non mostrare la fanbase finché non diventa grande abbastanza da essere una sorta di “riprova sociale”.

  1. Cos’è più effettivo per raccontare un viaggio? Il video perché mostra, o il podcast perché stimola la fantasia e la voglia di avventura?

Premessa: i due pubblici sono completamente differenti. Chi guarda video di viaggi vuole vedere determinati posti, mentre per quanto mi riguarda credo che l’audio sia più simile a uno strumento di scoperta. Uno dei miei podcast racconta l’emergenza COVID-19 in Medio Oriente, ma non si limita a questo, e descrive anche i luoghi. Parallelamente, su YouTube, racconto il Medio Oriente, ma anche posti più vicini, come l’Abruzzo. I pubblici, ripeto, sono completamente diversi. Se ne sono resi conto anche Netflix e HBO: Netflix si occupa principalmente di video, ma crea podcast per intercettare il pubblico, più piccolo e settoriale, che preferisce l’ascolto alla visione; HBO fa podcast rivisitando le serie televisive in un linguaggio più adatto all’ascolto.

  1. C’è una tendenza, oggi, a temere l’ambito professionale in seguito ad anni in cui ci è stato detto che senza essere raccomandati non si andrà da nessuna parte. Lo scenario, ad occhio esterno, è effettivamente scoraggiante. Vista dall’interno, soprattutto dal punto di vista giornalistico, com’è la situazione?

Molto triste. Pochissimo tempo fa c’è stato il “concorsone”, a cui hanno partecipato tutti i giornalisti precari per entrare alla RAI come redattore “da 1200 euro al mese”. Per uno come me, una persona che viaggia, che ha bisogno di determinati mezzi, questa cifra è improponibile, ma ero comunque tra gli iscritti. Ogni volta che la RAI indice il concorso ci ritroviamo tutti lì, perché per chi vuole fare il giornalista è una bella sicurezza. Molti giornalisti e autori probabilmente si presenteranno anche al concorso del Ministero dell’Istruzione per diventare insegnanti, perché stiamo comunque parlando di uno stipendio fisso a fine mese. Sono fermamente convinto del fatto che lo stipendio fisso, certo, sicuro sia la morte di ogni creativo, ma non biasimo che si presenta a questi concorsi, perché sono il primo ad essere attratto da questa idea di sicurezza.

  1. Valory porta ai suoi “Valoryes” possibili esperienze lavorative e non – come per me i DIDays – che non sono basate tanto sulla “fedeltà” al social, quanto più alla meritocrazia. Non conta da quanto tempo tu sia su Valory, dovrai comunque partecipare al concorso come tutti gli altri e mostrarti in grado. La meritocrazia esiste ancora in ambito lavorativo? O non se ne è mai davvero andata dallo scenario?

Io credo una cosa riguardo la meritocrazia: chiunque ce la fa, anche se è “figlio di”, si è impegnato tanto. Essere “figlio di” non basta per mantenere una posizione. Se conosco molte persone nel mio ambito lavorativo ma non sono in grado di fare una cosa per bene, allora nessuno mi chiamerà per quella posizione. Può capitare che qualcuno parta da una posizione avvantaggiata, non lo metto in dubbio, ma per camminare deve essere bravo. Essere raccomandato, in un mondo super-competitivo come il nostro, non basta: devi darti da fare ogni giorno e amare quello che fai, capendo le regole del gioco.

  1. Ottenere notizie il più possibile “pure”, oggettive. È una possibilità al giorno d’oggi, quando ogni fonte sembra essere guidata da preconcetti, “bias” e simpatie politiche?

Nel momento in cui passi l’esame da giornalista la prima regola che devi imparare è: “Il giornalista non dice la verità, dice qualcosa di verosimile”, perché non è possibile riprodurre la verità. Il giornalista tifoso del Milan non potrà mai avere una valutazione oggettiva durante una partita tra Milan e Inter. L’oggettività non esiste: mostrare delle immagini in un video, utilizzare un tenore di voce in un podcast, sono entrambi filtri soggettivi. La mia religione, per come io la vedo, è diversa da come la vede un’altra persona che ha il mio stesso Testo Sacro. L’oggettività non è fattibile, e questo è un concetto a cui tengo tantissimo. La mia tesi di laurea era su “Il giornalismo di precisione”, e al suo interno affermavo la possibilità di un matrimonio tra oggettività e giornalismo attraverso l’uso corretto dei dati. Il giornalismo di precisione, che si occupa di statistiche, dati ed esperimenti sociali, è vicino all’oggettività, ma ad anni di distanza non credo più che qualcosa di simile sia fattibile. È importante, secondo me più del tentativo di raggiungere l’oggettività, e per per rispetto di sé stessi e dei propri valori, creare un prodotto di cui essere orgoglioso.

Insomma, il podcast è una nuova frontiera, un mondo ancora da esplorare e, soprattutto, da vivere e nutrire le idee. È un mondo che possiamo tenere in tasca, un’ulteriore evoluzione della realtà digitale in cui viviamo, una possibilità in più per un animo creativo deciso a mettersi alla prova. Alla fine, c’è sempre una nuova storia da raccontare.

Vera Lazzaro

Millennians e il mondo del lavoro

Millennians e il mondo del lavoro

Con il termine Millennial si indica la generazione del XX secolo che comprende i nati tra il 1981 e il 1996. Sono i consumatori 2.0 ed è la prima generazione a vivere nell’era digitale. 

Questa generazione è oggetto di moltissimi sondaggi e ricerche perché rappresenta il maggior numero di  consumatori con un elevato potenziale di spesa oltre a rappresentare il gruppo demografico più numeroso (secondo i demografi del Pew Research Center sono circa 2,3 miliardi di persone).Intercettare le preferenze e le abitudini dei Millennian diventa, dunque, strategico per le aziende e per i brand. Cosa piace ai Millennian? Gallup, società di consulenza e analisi, ha voluto approfondire questa tematica con una ricerca di mercato complessa e ad ampia portata dat titolo “How Millennials Want to Work and Live”.

Questa generazione è nota per avere più facilità di spostarsi da un’azienda all’altra ed è poco propensa a fidelizzarsi: il 60% di loro afferma infatti di essere aperto ad altre opportunità di lavoro. E’ una generazione fortemente criticata per questo, ma va considerato che molti, in realtà, non vogliono cambiare lavoro, ma sono le aziende che non danno loro validi motivi per restare. I Millennians cercheranno nuove opportunità lavorative fino a quando non troveranno ciò che desiderano.
L’indagine di Gallup scopre che i Millennials hanno difficoltà a trovare un buon lavoro che li coinvolga e li soddisfi, facendo registrare il tasso di disoccupazione più alto negli Stati Uniti.
Quali sono dunque le condizioni lavorative ideali per i Millennials?

COSA VOGLIONO I MILLENNIALS? 

1. Avere uno scopo

Per i Millennials il lavoro deve avere un significato, una giusta causa sentendosi liberi di scegliere. Il compenso è importante e deve essere equo, ma l’aspetto economico non è un fattore discriminante nella scelta di un lavoro. Questa è una generazione ottimista e crede che la vita e il lavoro dovrebbero avere un significato e vanno vissuti pienamente.

2. Apprendimento e crescita

Il motivo principale per cui viene lasciato un lavoro è una nuova opportunità di crescita professionale. Il rapporto rivela che l’87% dei Millennials considera le opportunità di crescita e di sviluppo professionale importanti in un lavoro. Le aziende che sanno individuare ed offrire questa occasione di crescita di carriera saranno molto più attraenti agli occhi dei Millennials.

3. Niente più capi, ma allenatori

I Millennials si aspettano che i loro capi “allenino” le loro capacità e le valorizzino come persone e dipendenti. Ciò richiede relazioni umane e non solo gestione del personale attraverso comando e controllo. Il 58% dei Millennials afferma che il valore dei manager e la qualità della gestione del personale sono estremamente importanti per loro quando valutano una proposta di lavoro.

4. Confronto e colloqui più frequenti

La maggior parte dei dipendenti riferisce che le loro prestazioni vengono valutate sulla base di report annuali o anche meno. Questo non è soddisfacente: quello che vogliono i Millennials sono confronti più frequenti sulle loro ambizioni, aspirazioni e obiettivi su cui costruire piani di carriera personalizzati.

 5. Valorizzare punti di forza

Andare oltre le loro debolezze è sviluppare e valorizzare i punti di forza. I punti di debolezza non si sviluppano mai in punti di forza: questi ultimi, invece, si sviluppano all’infinito. Il desiderio dei Millennials è che i manager trovino il modo di investire nel futuro dei propri collaboratori, affinando le loro competenze e istruendoli a diventare lavoratori migliori sin da subito.

6. I Millennials non vogliono un lavoro, vogliono un buon lavoro.

I Millennials vogliono contribuire attivamente all’interno di un’azienda, portando un valore aggiunto che permetta loro di sentirsi valorizzati. Vogliono un lavoro a cui appassionarsi, con il quale crescere ed evolversi.

Questa generazione altamente connessa con il mondo che li circonda vuole di più dalla vita e crede di poterlo ottenere. Sta spingendo per un cambiamento nel mondo, anche sul mercato e sul posto di lavoro e non si accontenta di schemi precostituiti osservando il mondo con occhi curiosi alla scoperta di emozioni da vivere anche lavorando.

Fonti Gallup  

Scritto da Linda Lato

LA PSICOLOGIA È UN DIRITTO PER TUTTI

LA PSICOLOGIA È UN DIRITTO PER TUTTI

Tante volte abbiamo parlato dei rischi psicologici connessi alla pandemia, soprattutto nel periodo più rigoroso del lockdown. Il periodo di incertezza e insicurezza sarà, molto probabilmente, destinato a durare nel tempo, coinvolgendo ciascuno di noi anche se per motivi differenti. Siamo senza risposte certe su cosa accadrà a settembre: il rientro scolastico, l’organizzazione familiare, il lavoro.

In questo articolo abbiamo intervistato ROBERTO CALVANI, presidente dell’Ordine degli Psicologi del Friuli Venezia Giulia,  psicologo dirigente presso ASUFC Friuli Centrale di Udine e segretario del CNOP (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi). Una voce autorevole nel campo della psicologia, attraverso la quale poter osservare i dati generali emersi nei mesi precedenti e le proiezioni del prossimo futuro.

  1. Quali sono i dati emersi dalle rilevazioni del CNOP (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi) durante questa emergenza?

È emerso un bisogno di psicologia. Da un’indagine condotta in collaborazione con I’Istituto Piepoli su un campione di 1000 cittadini è emerso che 8 italiani su 10 hanno bisogno di un supporto psicologico come aiuto per gestire questa fase e vogliono che sia il sistema pubblico ad assicurare questa assistenza. Il 62%

degli italiani pensa che avrà bisogno di un supporto psicologico per affrontare la normalità, 1 italiano su 3 ha dunque confermato di avere bisogno di questo tipo di sostegno. Da questa indagine abbiamo riscontrato anche una sorta di “emergenza di coppia”: durante la fase di lockdown sono aumentate le richieste di separazioni. Un dato emerso precedentemente, ma che è confermato anche in questa fase, è che la salute psicologica deve essere compito delle Istituzioni, non si può lasciare un’emergenza di questo tipo solo al volontariato. 

  1. Qual è il rapporto dei giovani rispetto al supporto psicologico?

La maggiore richiesta di aiuto è arrivata principalmente dalla fascia d’età sopra i 30 anni, ma abbiamo raccolto dati rilevanti anche nella fascia adolescenziale.  I giovani, durante l’emergenza, hanno considerato il web da un punto di vista social, ma non socializzante. Si sono connessi per stare in contatto con gli altri, ma restando con un grande senso di solitudine. Attualmente stiamo riscontrando anche un aumento significativo di segnalazioni, ai nostri servizi, da parte di medici di base e pediatri, di dipendenza e astinenza da tecnologia in bambini anche molto piccoli (9/12 anni). In merito a queste segnalazioni stiamo cercando di organizzare progetti dedicati.

  1. Quali disagi sono emersi maggiormente dai colloqui a sostegno psicologico, durante l’emergenza Coronavirus?

Attraverso i numerosi colloqui on-line (o anche in presenza, nei casi più gravi), nella fascia adolescenziale, abbiamo riscontrato gravi disturbi dell’ansia, del sonno e dell’alimentazione legati anche ai cambiamenti della routine. La paura è emersa soprattutto nel primo periodo e a volte è sfociata nel panico. Nella fase successiva abbiamo assistito a disturbi quali alterazione del tono dell’umore, instabilità emotiva, entusiasmi e depressioni, disagi legati anche alla comunicazione e alle informazioni discordanti ricevute da fonti ritenute attendibili. Abbiamo riscontrato un aumento nell’uso di farmaci e attacchi di panico scambiati a volte per sintomatologie di malattie cardiovascolari. 

  1. David Lazzari, presidente nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha dichiarato che questa emergenza sanitaria diventerà sempre di più un’emergenza psicologica. Quali sono secondo Lei gli interventi indispensabili per contenerla?

In questa fase, in cui l’emergenza sanitaria – medica è più controllata, emerge un’emergenza di tipo sociale. Le Istituzioni devono essere preparate ad offrire non solo supporto nelle terapie intensive, ma supportare psicologicamente tutti coloro che ne abbiano bisogno. Nella prima fase abbiamo mobilitato 12 mila psicologici in Italia per un supporto di tipo psicologico attraverso un numero verde: in Friuli hanno aderito volontariamente 350 psicologici con oltre 2000 colloqui. L’ultimo Decreto Rilancio, ha lasciato ampio spazio alle Regioni per acquisire nuove professionalità sanitarie per l’emergenza, sottolineando la necessità anche della professionalità psicologica. Abbiamo avviato una campagna che porteremo avanti con la “Giornata Nazionale della Psicologia” che si terrà ad ottobre, dal titolo “#lasalutepsicologicaèundiritto”: un diritto di tutti e non un privilegio di pochi che possono permetterselo. 

  1. Il rientro scolastico: ritiene sia necessario un supporto psicologico agli studenti in collaborazione con gli insegnanti e le famiglie? 

Il sistema scuola è un sistema complesso e meritevole di grossa attenzione. Poter aprire sportelli scolastici di supporto a famiglie, studenti e insegnanti lo abbiamo ritenuto molto importante. Il CNOP è riuscito ad implementare a livello nazionale 1 milione di euro in fondi destinati alle scuole. Nell’ultimo decreto Rilancio, diventato legge, si parla di 3 milioni di euro da destinare alle scuole per l’apertura di sportelli di sostegno psicologico.  Se le scuole ne faranno richiesta, essendo questa una scelta legata all’autonomia scolastica, potranno attingere a queste risorse per attivare questi sportelli di supporto. Come Consiglio regionale (Friuli Venezia Giulia) dell’Ordine degli psicologi provvederemo a comunicare a tutti gli Istituti i riferimenti di legge e la modulistica per richiedere l’attivazione di questo sportello. 

  1. Può dare qualche consiglio per un sereno rientro scolastico?

Le linee guida generali non danno oggi certezze e garanzie alle famiglie in un sistema complesso come quello scolastico. Ci sono troppi punti interrogativi, per cui consiglio primariamente di ottenere anticipatamente le informazioni organizzative (palestre, corridoi, lezioni, orari, accessi…) relative all’Istituto di proprio interesse. Molti dei disagi tra i giovani sono riconducibili alla mancanza di routine, disordini degli stili di vita legati al periodo estivo in generale e al periodo di lockdown nello specifico. E’ necessario riprendere ritmi sonno-veglia e abitudini alimentari  almeno due settimane prima dell’inizio della scuola. 

Grazie alla lungimiranza del dott. Calvani nel 2018 abbiamo lanciato con l’Ordine degli Psicologi del Friuli Venezia Giulia la prima call rivolta a tutti i professionisti  della regione per avviare un progetto sperimentale di primo ascolto attraverso la nostra piattaforma digitale VALORY APP. Successivamente anche l’Ordine dell’Emilia Romagna ed altri colleghi del Trentino, Lombardia e Sicilia hanno aderito, contando oggi oltre 60 professionisti.

L’obiettivo del progetto è duplice:

1. avvicinare la figura dello psicologo alle nuove generazioni attraverso un sistema che garantisce risposte personalizzate via chat tutelando l’anonimato;

2. dare un supporto ai centri d’ascolto scolastici e soprattutto territoriali ai quali gli utenti vengono rinviati sulla base dei sintomi riscontrati.  

Il VALORY PSY TEAM durante la presentazione di lancio di VALORY APP IL 19.01.19. Guarda il video completo qui.

Crediamo nel valore della professionalità e la mettiamo al servizio delle nuove generazioni.

Scritto da Linda Lato

FIDUCIA NEL FUTURO

FIDUCIA NEL FUTURO

Questa pandemia ha portato con sé moltissimi cambiamenti e spesso leggiamo articoli su tutto quello che ci ha tolto e su tutto quello che non ha reso più possibile realizzare.    

Nei nostri precedenti articoli abbiamo parlato delle nuove sfide che ci attendono, sia digitali che emotive, ma abbiamo sempre creduto che questa fase potesse portare con sé opportunità, magari diverse a quelle che avevamo programmato. Valory crede nei giovani e si impegna ogni giorno, in collaborazione con enti, aziende e coach, a sviluppare  contenuti di valore. In questo articolo vogliamo parlarvi di chi, come noi, crede nei giovani e vede in questo presente complesso un’opportunità di investimento per i talenti e le passioni nel futuro. E’ il tempo della ripresa e abbiamo il dovere di ripartire dai giovani.

#CYBERCHALLENGE.IT e gli hacker etici

CyberChallenge.IT è un programma educativo organizzato dal Laboratorio Nazionale di Cybersecurity del Cini (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica) orientato ai giovani studenti di età compresa tra 16 e 23 anni. È la principale iniziativa italiana per identificare, attrarre, reclutare e collocare la prossima generazione di professionisti della sicurezza informatica. Si cercano studenti con passione, impegno e curiosità nelle discipline scientifico-tecnologiche (STEM). L’iniziativa che ha avviato i test di ammissione a febbraio, ha coinvolto 28 sedi nazionali (tra università e istituti di formazione) in una serie di gare volte a selezionare i migliori tra oltre 4.400 candidati. Compresi tra i 16 e i 23 anni e provenienti sia dalle università che dalle scuole superiori, i 20 vincitori di ciascun nodo beneficeranno di un periodo di formazione di dodici settimane, da marzo a maggio di quest’anno. In questo periodo, i 560 ragazzi risultati vincitori nelle selezioni regionali svilupperanno competenze volte a difendere e attaccare i sistemi informatici e a individuarne le vulnerabilità, con delle simulazioni che mirano a riprodurre le condizioni di un reale tentativo di intrusione. Il tutto sarà vissuto come un gioco attraverso le gare Ctf (Capture The Flag), nelle quali i partecipanti dovranno conquistare una posizione all’interno di un’infrastruttura avversaria dimostrando di poterla dominare, senza essere a loro volta dominati. La fase finale è stata posticipata alla prima metà di ottobre: occasione nazionale nella quale i componenti di ciascuno dei 28 nodi si sfideranno tra di loro. I più brillanti tra gli allievi coinvolti, individuati per competenze specifiche (reti, crittografia, intrusione, difesa, trasmissioni e tante altre) saranno convocati dalla Nazionale italiana di Cyberdefender, TeamItaly, che ogni anno include nuove leve da affiancare agli hacker etici selezionati l’anno precedente. Il TeamItaly partecipa ogni anno a numerose competizioni a livello internazionale e nel 2019 ha conquistato il podio della European Cybersecurity Challenge (Ecsc2019) classificandosi secondo a livello europeo.

#FASEGIOVANI – IL NUOVO PRESIDENTE DEI GIOVANI IMPRENDITORI DI CONFINDUSTRIA

#RiccardoDiStefano, classe 1986, nuovo Presidente nazionale dei Giovani Imprenditori di Confindustria, ha nelle sue linee programmatiche parole come trasformazione digitale, formazione continua, competitività e sostenibilità, made in Italy e catene globali del valore.  Rappresenta il Movimento dei giovani industriali nel triennio 2020-2023.

Il Presidente Di Stefano, in una sua recente intervista ospite di Class CNBC, parlando dei giovani ha chiesto interventi coraggiosi a loro favore non soltanto a favore di quelli talentuosi, ma anche dei NEET (Neither in Employment nor in Education or Training) in costante crescita e che in questo momento non studiano e non lavorano offrendo loro opportunità anche di formazione.

Il Presidente Di Stefano crede fortemente che i giovani debbano tornare ad essere la priorità del Paese: la disoccupazione giovanile è di nuovo in crescita e il tasso di iscrizioni all’università è destinato a scendere. Bisogna arginare questi indicatori in rosso e aprire una “fase giovani”. Oggi più che mai i giovani hanno bisogno di fiducia nel futuro.

#NUOVEASSUNZIONI IN BANCA

L’Istituto bancario CREDEM, negli ultimi due mesi, ha avviato un’intensa attività di selezione rivolta per il 60% agli under 30 : 150 giornate di colloqui di selezione, 1.400 candidati colloquiati e 50 inserimenti. L’obiettivo è inserire altre 100 persone entro fine anno. Forte focus sarà posto, oltre che al settore commerciale, all’ambito IT con l’assunzione di 30 persone nei prossimi 12 mesi.
I nostri processi di selezione non si fermano perché non si ferma la nostra voglia di investire sulle persone, punto fermo della strategia di sviluppo di Credem”  ha dichiarato Simone Taddei, responsabile gestione e selezione del personale del Gruppo Credem. “Siamo da sempre impegnati in una costante attività di creazione di occupazione, sfida che si è rivelata vincente e che vogliamo che prosegua soprattutto in questo periodo puntando sui giovani e sul loro futuro. A livello più generale, gli strumenti di remote working, le adeguate procedure informatiche e i processi aziendali garantiscono un alto livello di efficienza e di servizio nei confronti del cliente, confermando che il Gruppo sta percorrendo la strada giusta”.

#IOSOCIALRESPONSABILMENTE

Anche Valory continua a sviluppare nuovi progetti di investimento a favore dei giovani con l’obiettivo di dare loro la fiducia che meritano attraverso un canale di comunicazione innovativo e responsabile.

Con la campagna #iosocialresponsabilmente abbiamo sposato le cause promosse da Changethefuture, progetto promosso da Sottosopra Movimento Giovani per Save the Children e Fridays For Future Udine grazie al contatto con alcuni dei nostri VALORYERS locali che hanno creato il ponte tra noi e questi movimenti. 

Tutto questo è il risultato dei progetti che i nostri PASSION TEAMS hanno iniziato a sviluppare dopo aver acquisito competenze trasversali e tecnico-organizzative grazie ai workshop con i nostri mentori e il supporto dei nostri psicologi.

#GIOVANIALCENTRO è il nostro motto perché loro sono i protagonisti di questo viaggio indimenticabile!

Scritto da Linda Lato

Fonti: https://www.cyberchallenge.it/
https://cybersecnatlab.it/chi-siamo/mission/
https://www.facebook.com/watch/?v=281290259781974

“ECCO COME UNA DIFFICOLTÀ PUO’ TRASFORMARSI IN UN’OPPORTUNITÀ” APPROFONDIMENTO SULLA DIDATTICA A DISTANZA

“ECCO COME UNA DIFFICOLTÀ PUO’ TRASFORMARSI IN UN’OPPORTUNITÀ” APPROFONDIMENTO SULLA DIDATTICA A DISTANZA

La nuova emergenza sanitaria ha trasformato in pochissimo tempo il modo di concepire la didattica. A tutti i livelli scolastici, a partire dalla scuola materna, abbiamo avuto modo di scoprire modalità d’istruzione a distanza. La tecnologia ha aiutato molto in questo momento di isolamento sociale, permettendo agli studenti e agli insegnanti di mantenere un “contatto didattico” significativo.

Come è stato evidenziato dalla Prof.ssa Daniela Lucangeli, psicologa dello sviluppo e prorettore dell’Università di Padova, questa situazione rende la tecnologia un mezzo non per sostituire l’adulto, ma per creare una interconnessione dei docenti e della scuola con gli studenti. “Una tecnologia in cui l’umano utilizza un mezzo per arrivare all’altro umano”.
Valory ha sempre uno sguardo rivolto al futuro ed è molto attenta a tutte le soluzioni tecnologiche che abbiano una portata sociale e responsabile. In questo contesto è nata una partnership di valore con una piattaforma e-learning innovativa: WeSchool, la piattaforma italiana per la flipped school.
WeSchool (prima Oilproject) nasce dall’idea di Marco De Rossi, oggi 29 anni, è una piattaforma gratuita per le scuole medie e i licei. Offre la possibilità di studiare e apprendere a distanza tramite video lezioni e valutazioni con un approccio didattico di “scambio di ruolo”, un insegnamento capovolto.

LA FLIPPED SCHOOL

Questa metodologia educativa, richiama i principi montessoriani dove si evidenzia il processo autonomo e attivo nei processi di apprendimento. Se sei attivamente coinvolto hai più facilità di apprendimento perché c’è molto più interesse.

Nella flipped classroom la lezione si studia a casa e le tematiche vengono successivamente approfondite in classe, con discussioni tra professori e alunni.Il ruolo attivo dell’insegnante è nel proporre agli studenti argomenti e materiali didattici selezionati (video, e-book, risorse multimediali) che vengono consultati a casa nella misura in cui ognuno ne ha bisogno, secondo le proprie esigenze. Il ribaltamento rispetto alla didattica classica sta nell’approfondimento a casa prima della lezione e non dopo. La lezione frontale avviene in un secondo momento attraverso esercitazioni, laboratori, approfondimento, studio di casi e molto altro.

COME FUNZIONA WE SCHOOL

WeSchool consente ai docenti di portare le loro classi online e rendere la loro didattica digitale. Consente agli studenti di studiare online potendo accedere alle lezioni dei migliori docenti  OVUNQUE, SEMPRE e GRATIS. Oltre alla versione desktop, esiste l’app che si può anche scaricare sullo smartphone.

WeSchool Library aiuta ogni mese 2 milioni di studenti con video, testi ed esercizi curati da docenti ed esperti: da Massimo Temporelli fino a Umberto Eco. Con più di 15.000 ore di formazione erogata ogni giorno, è uno dei progetti di divulgazione culturale più massivi in Italia.

All’interno della classe virtuale docenti e studenti possono confrontarsi inserendo commenti , sviluppando discussioni. Possono essere inseriti test e tutta l’attività didattica è regolata e controllata da un registro. Il docente potrà scegliere, inoltre, anche di tenere lezioni online

Insieme a VALORY abbiamo pensato di estendere il valore di un’aula virtuale ad un’attività pratica di condivisione dei risultati raggiunti attraverso un social responsabile come VALORY APP.


COME PUOI CONTRIBUIRE?

Se sei un insegnante o un formatore/animatore contattaci per ricevere il nostro supporto per attivare la tua classe virtuale con WE SCHOOL  e crea anche tu una connessione di valore con la comunità di Valory, pubblicando e condividendo su Valory App i contenuti realizzati durante le tue lezioni online. 

Questa condivisione permetterà di arricchire tutta la comunità, creando uno spazio di confronto e approfondimento insieme ad altri docenti e studenti di tutta Italia.

Esempio virtuoso è il progetto sviluppato insieme a Coop Cantieri di innovazione sociale di San Giovanni Rotondo (FG) che coinvolge le scuole di dieci comuni del Gargano con i progetti “I Fuoriclasse” e “Post-It” selezionati dall’impresa sociale “Con i Bambini” coordinato  da Ludovico Delle Vergini.Questa emergenza ci ha aperto scenari nuovi, guardiamoli come un’occasione di evoluzione e di riflessione per rafforzare le nostre potenzialità e superare i nostri limiti.

Se volete ricevere maggiori informazioni o unirti al progetto invia un’email a education@valoryapp.com


Scritto da Linda Lato